Come Prato si avvicinasse al conflitto lo pone in luce molto bene Claudio Caponi con Una Comunità divisa tra pace e guerra, tra conservazione e rivoluzione. Gli attori e le regole del conflitto. La Città da sempre connotata da un diffuso e profondo sentire cattolico di fronte alla paventata guerra si strinse attorno ai suoi sacerdoti nel rifiutare la possibilità del conflitto, lasciando alle minoranze di varie tendenze scontrarsi anche violentemente su interventismo e astensionismo. Soltanto ad avvenimento avvenuto, a sacrificio subito, quando la patria fu in pericolo e nonostante “l’inutile strage” anche i cattolici non fecero mancare l’impegno nello sforzo determinate e finale.
Giuseppe Gregori in Capitalismo e classe operaia a Prato pone in luce come le due componenti sociali pratesi, industriali e classe operaia, non furono mai dello stesso avviso per ciò che concerneva l’adesione alla guerra. Da una parte, da quella degli industriali, si ebbe la sensazione di un’opportunità da cogliere, dall’altra di un sacrificio non giustamente ricompensato; da tale situazione scaturirono scioperi connotati non soltanto da motivi rivendicativi.
Per Andrea Giaconi, autore di Gli Arditi del fronte interno. Appunti sull’interventismo, da una parte vi erano gli interventisti, dai post-risorgimentalisti ai nazionalisti, dall’altra la popolazione prevalentemente operaia che appellandosi ad altre esigenze e ideologie era assolutamente contraria. Ma soprattutto i giovani studenti furono quelli che ebbero modo di cambiare presto opinione sospinti dalle molteplici iniziative del direttore del Collegio Cicognini Paolo Giorgi, convinto nazionalista e forse, ipotizza l’Autore, venato anche da fumus massonico.
Ne La protesta contro la guerra Alessandro Affortunati racconta il periodo della Grande Guerra caratterizzato in Prato da agitazioni politiche e sindacali. Prato viene descritta come una città operaia molto avanzata dal punto di vista politico in ragione della sua forte industria tessile e di un associazionismo maturo che originava dalle antiche società artigiane e operaie di natura laica. Questo consentì alla classe operaia di non farsi irretire nella retorica del tempo e scendere più volte in piazza per denunciare le condizioni di sacrificio e miseria della propria gente. In tale prospettiva viene messo bene in luce come le donne nelle fabbriche, rimaste a sostituire gli uomini coscritti, furono le continuatrici della protesta popolare ed anarchica.
Gli ospedali e la Croce Rossa a Prato durante la grande Guerra di Carlo Alberto Bianchi Rossi partendo dalle origini della Croce Rossa di J. Henry Dunant e la sua evoluzione istituzionale si sofferma su Prato al tempo della prima Guerra mondiale in cui la Croce Rossa diede un grande contributo nell’assistenza ai feriti con l’istituzione di diversi ospedali in città e soprattutto con la massiccia partecipazione delle crocerossine. Numerosi i nomi delle volontarie ricordate da Patrizia Saletti in Le crocerossine e la Grande Guerra.
Felicita Audisio in Ferdinando Carlesi: “parole” di un territoriale tramite l’opera diaristica in Parole mortali trae tutte le incertezze e le variazioni politiche dello scrittore e poeta pratese. Di Sem Benelli fa un ritratto Antonello Nave in Parole di Battaglia. Sem Benelli propagandista di guerra. Interventista come molti allievi al Collegio Cicognini fu anche più volte ferito in battaglia e decorato e nelle pause della convalescenza si propose quale animatore del fronte interno in varie conferenze da Genova a Roma a Trieste, oltre che nella sua Prato.
Simona Stacca da I diari di guerra del soldato Dante Guarducci ci ripropone in diretta alcune fasi del combattimento o dell’attesa snervante prima dell’attacco. Di Giovanni Pestelli con Le fonti sulla Grande Guerra negli archivi e nelle biblioteche pratesi abbiamo una esaustiva e meticolosa guida agli archivi pratesi da utilizzare non soltanto per ciò che riguarda la Grande Guerra, con indirizzi e orari al seguito. L’iconografia a cura di Alessandro Affortunati e Giovanni Pestelli arricchiscono e chiudono questo saggio collettaneo di cui la Storia di Prato sentiva la mancanza.
Due le assenze di pratesi mancanti nel testo, quella di Giuseppe Meoni e di Curzio Malaparte, solo incidentalmente citati.